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CASTELLO DI CALATUBO
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Oggi abbandonato, ben visibile dall'autostrada Palermo-Mazara del Vallo, il Castello di Calatubo, nome arabo Kalata et tub (terra di tufo), si erge in prossimità del mare su uno sperone roccioso, da cui si domina il golfo di Castellammare da un lato, e l’entroterra fino al monte Bonifato dall'altro, a circa quattro chilometri da Alcamo. È composto da più corpi con funzioni diversificate: il palazzo baronale, le torri, la cappella e gli alloggi delle truppe. Due torri si slanciano ad ovest dalla cortina muraria del palazzo, ed una di queste mantiene ancora la fascia di coronamento al di sotto della merlatura. Un muro di cinta dà origine alla primigenia corte di accesso al palazzo, il quale, essendo in posizione più elevata, è collegato alla corte da una scala interna a tre rampe in pietra e ferro che porta ai locali superiori, dei quali pochi conservano le antiche coperture. La seconda cinta muraria - del secolo XVII - dà origine a diversi ambienti, destinati una volta a magazzini, a stalle e ad alloggi per le truppe. Tre stemmi settecenteschi, affrescati sulla volta della stanza da letto, rappresentano gli unici elementi superstiti della originaria decorazione, e comprovano l'appartenenza del Castello alla famiglia Papè di Valdina. Viene citato per la prima volta e con l'appellativo di "fortezza" in un diploma del Vescovado di Mazara del 1093; in seguito viene menzionato dall'arabo Edrisi nel "Libro di Re Ruggero" e nel secolo XVI viene definito dal Fazello "Calatubus Sarracenorum olim oppidulum nunc sola arce….". È evidente dalla struttura morfologica e dalla tecnica costruttiva usata, almeno nella sua parte più antica, l'appartenenza al periodo arabo. Altri studiosi addirittura individuano nel Castello un eccezionale esempio di fortificazione bizantino-araba. Appartenuto prima ai Porcelletto, alla fine del secolo XIII viene concesso da Federico III a Federico d'Antiochia e alla sua famiglia, fino a quando nel 1338 Re Pietro sequestra i beni degli Antiochia e attribuisce la proprietà del feudo di Calatubo a Raimondo Peralta; da quest'ultimo passa al duca di Bivona, che lo riceve in dote dalla moglie Margherita Peralta. Nel 1583 entra in possesso dell'alcamese Graziano de Ballis, rimanendo proprietà di questa famiglia fino al 1770, quando Ignazio Papè e Ballo lo eredita dalla madre; quindi viene trasferito a Pietro Papè e Bologna, i cui eredi ne rimangono proprietari fino agli anni '70. Oggi è proprietà del Comune di Alcamo.
Localita' | Contrada Calatubo - Alcamo |